Stranieri in classe: obiettivi e metodi della educazione interculturale

La circolare ministeriale n. 331/1989 ha affrontato, per la prima volta in Italia, il problema emergente del fenomeno migratorio, disciplinando, nell’ottica dell’educazione interculturale, l’accesso al diritto allo studio, l’apprendimento della lingua italiana e la valorizzazione della lingua di origine. A questa è seguita una produzione normativa di livello primario e regolamentare che ha sancito, in maniera sempre più pressante, l’esigenza dell’inclusione in ambito scolastico degli alunni stranieri. Su piano legislativo occorre ricordare il D. L.vo 25/07/1998, n. 286, con il successivo regolamento di attuazione; il D. P. R. n. 394/1999, che riconoscono ai minori stranieri il diritto all’istruzione a prescindere dalla regolarità della posizione di soggiorno; la L. 107/2015 (art. 1, co. 7, lett. r), che ha inserito, fra gli obiettivi del potenziamento dell’offerta formativa, l’alfabetizzazione e il perfezionamento dell’italiano come lingua seconda attraverso corsi e laboratori per studenti di cittadinanza o di lingua non italiana, da organizzare in collaborazione con gli enti locali, il terzo settore e con l’apporto delle comunità di origine, delle famiglie e dei mediatori culturali (il DPR 19/2016 ha istituito una nuova classe di concorso A-23, lingua italiana per discenti di lingua straniera). Inoltre, la legge 107/2015, ha disposto (art. 1, co. 32) che le attività e i progetti di orientamento scolastico vengano sviluppati con modalità idonee a sostenere anche le eventuali difficoltà e problematiche proprie degli studenti stranieri. Va anche ricordata la numerosa produzione regolamentare che ha approfondito e chiarito l’argomento: le “Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri” del 2006, ripubblicate, con aggiornamenti, nel febbraio del 2014, danno indicazioni per l’organizzazione di misure volte all’inserimento degli alunni stranieri, il documento “la via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri” dell’ottobre 2007 e la circolare ministeriale n. 2 del 2010 trattano dell’inclusione degli alunni stranieri con cittadinanza non italiana stabilendo che i minori stranieri sono soggetti all’obbligo d’istruzione e che le modalità di iscrizione alle scuole italiane seguano i modi e le condizioni previste per i minori italiani. Infine con il D.M. n. 718 del 5 settembre 2014 (e successivamente con il D. M. 643/2017 e 684/2017) il MIUR ha ricostituito l’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’intercultura, con compiti consultivi e propositivi.Premessa la struttura normativa su cui si basa la scuola italiana in ordine all’inclusione degli alunni stranieri, è necessario fare alcune riflessioni di carattere sociologico e didattico. La presenza nelle nostre scuole di alunni di provenienza sociale, culturale e geografica diversa costituisce, nella società globalizzata in cui viviamo, un dato strutturale in continuo aumento che deve essere visto come una risorsa e non come un problema per le società occidentali. È necessario, pertanto, prestare una particolare attenzione alla loro inclusione ai fini di una concreta integrazione e per predisporre condizioni paritarie che possano prevenire situazioni di disagio e di difficoltà derivanti dai nuovi contesti di vita e di studio. L’educazione interculturale è lo sfondo da cui prendono le mosse tutti i percorsi formativi rivolti agli alunni stranieri in un contesto più generale. La scuola è, infatti, un luogo per la costituzione e la condivisione di regole comuni, nel rispetto della convivenza democratica, indispensabili per la formazione di una cittadinanza attiva. La logica dell’interculturalità rifiuta il concetto di assimilazione ma respinge anche la chiusura delle comunità in funzione dell’etnia. Il dialogo ed il reciproco riconoscimento come fonte di arricchimento culturale è, invece, la strada intrapresa dalla scuola italiana, attraverso quel procedimento inclusivo che caratterizza tutta la normativa e la didattica degli ultimi anni.

Il primo passo è quello dell’iscrizione degli alunni stranieri anche in mancanza del permesso di soggiorno. In merito all’individuazione della classe alla quale iscrivere gli alunni, poi, è necessario l’accertamento del livello di conoscenza della lingua italiana, per costruire un percorso formativo e didattico mirato agli specifici bisogni dello studente. Riguardo, infine, alla distribuzione degli alunni stranieri nelle classi, la citata Circolare del Ministero dell’Istruzione del gennaio 2010 stabilisce che il numero degli alunni con cittadinanza non italiana presenti in ciascuna classe non potrà superare di norma il 30% del totale degli iscritti, per un’equilibrata distribuzione degli allievi con cittadinanza non italiana tra istituti che insistono sullo stesso territorio.

Per l’alfabetizzazione linguistica, sono suggerite una serie di iniziative, quali l’attivazione di moduli didattici intensivi, di laboratori linguistici e percorsi personalizzati di lingua italiana, come lingua seconda, sia in orario curriculare che in corsi pomeridiani. La conoscenza della lingua italiana è importante perché serve allo scambio relazionale e sociale e, soprattutto dalla terza elementare, quale lingua per il lessico disciplinare. L’utilizzo di mediatori linguistico-culturali in questa fase serve per facilitare l’accoglienza e il primo inserimento degli alunni e per dare le giuste informazioni alle famiglie al fine di facilitarne il coinvolgimento. Sono inoltre indispensabili azioni di educazione interculturale per tutti gli alunni, al fine di prevenire e combattere stereotipi e pregiudizi reciproci, per riconoscere le analogie e le differenze tra le diverse culture.

I genitori sono una delle risorse fondamentali per il raggiungimento del successo scolastico e l’istituzione scolastica deve cercare, in relazione alle diverse culture di provenienza, di individuare gli strumenti migliori di dialogo, prestando attenzione anche agli aspetti non verbali, facendo ricorso a mediatori culturali o ad interpreti, per superare le difficoltà linguistiche e per facilitare la comprensione delle scelte educative, della scuola da un lato e delle famiglie dall’altro. Gli incontri con i genitori ed il loro coinvolgimento deve, in definitiva, rappresentare una costante nel processo inclusivo.

Un percorso di cittadinanza e di inclusione, infine, deve tener conto delle trasformazioni avvenute nelle comunità e nelle scuole e deve insegnare a diventare cittadini in contesti di pluralismo culturale, attraverso la conoscenza dei diritti e dei doveri del cittadino e il reciproco riconoscimento. La scuola multiculturale richiede, ai dirigenti scolastici ed agli insegnanti, capacità professionali nuove, che consentano di ricomporre e far dialogare le differenze e di pensare insieme l’unità con la diversità, proponendo orizzonti comuni, pur nella diversità dei percorsi di sviluppo e delle visioni del mondo.

Concetta Maria Randazzo

 

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